CULTURA

PERLE DI PUGLIA
CONVERSANO

Il Castello di Conversano, severo ed elegante, domina la piazza, così come il conte Giangirolamo II Acquaviva con la sua potente famiglia su tutto il territorio dal ‘600 all’ ‘800.
Voluto dagli Altavilla, fu poi abitato e trasformato dai vari signori che si susseguirono al potere della città, fino a diventare con gli Acquaviva d’Aragona una residenza principesca (XI sec.; all’interno la camera nuziale del cinte Giangirolamo II Acquaviva – detto il Guercio di Puglia – con il soffitto dipinto da P. Finoglio e la Pinacoteca con il repertorio del Finoglio).
L’altra sosta va fatta di certo alla Cattedrale tardo romanica, eretta a Basilica Pontificia Minore nel 1997.
Una pausa rilassante è possibile concedersela alla Villa Garibaldi: l’area verde, realizzata in diverse fasi a partire da un progetto di fine ‘800, in posizione sopraelevata rispetto al paese nuovo.
Nel borgo antico, molto curato e ben tenuto, troverete tanti locali tipici e pub, ma anche molte tracce del passato illustre della città a cominciare dai numerosi ed eleganti palazzi signorili.
Una visita merita poi l’imponente complesso di S. Benedetto, “Monstrum Apuliae”, che esercita il suo richiamo con l’alto campanile a cuspide maiolicata. Da segnalare anche la chiesa del Carmine; la Chiesa di SS. Cosma e Damiano, tra i più compiuti esempi di barocco pugliese, con annesso santuario di S. Rita, secondo polo del culto “ritiano” dopo Cascia e il Santuario di S. Maria dell’Isola, che sorge su un’antica grotta di culto bizantino, divenuta poi la cripta naturale.

ALBEROBELLO

Aia Piccola (circa 400 trulli) e Rione Monti (circa 1000 trulli), sono questi i due quartieri di trulli che rappresentano il nucleo della zona monumentale del paese, nel cui perimetro tutto, dalle case, ai negozi, alle chiese, ha la forma del trullo.
Tappe significative di questo percorso, che vive in gran parte della suggestione di uno scenario unico al mondo, sono: il Trullo Sovrano, il più grande del paese (alto 15 metri), articolato su due piani con numerose stanze; il Santuario dei SS. Medici Cosma e Damiano, dal ‘600 meta dei pellegrini di tutta la Puglia ede elevata alla dignità di Basilica Minore; le case Pezzolla, tipico esempio di “vicinati” settecenteschi; il Palazzo dei Conti di Conversano, tra i leggendari promotori di queste caratteristiche costruzioni a secco; la casa d’Amore, primo esempio di casa costruita con l’uso della malta; il Trullo Siamese, un trullo dalla caratteristica terminazione a due coni; la Chiesa di S. Antonio, con la sua alta cupola racchiusa in un grande cono da quasi venti metri...
Centro fiabesco, dunque, Alberobello, tale che l’UNESCO ha voluto dichiararlo Patrimonio dell’Umanità.

LOCOROTONDO

Locorotondo, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, dall' alto della collina su cui si adagia, domina la Valle d' Itria.
Da ammirare il suo singolare centro storico, con le sue caratteristiche "cummerse", con le sue stradelle di chianche sempre linde, con i suoi barocchi frontoni di pietra. Da visitare le sue numerose chiese; da girare in bicicletta sono le numerose contrade che compongono la campagna di Locorotondo.
La Chiesa della Madonna della Greca, riconosciuta monumento nazionale, è una costruzione basiliana del 1100. Riedificata da Pirro del Balzo, figlio di Giovanni Orsini, Principe di Taranto, nell’ occasione di una sua visita a Locorotondo.
Un secondo monumento di rilevante valore artistico del XVIII sec. è quello della Chiesa Madre, che porta il nome di San Giorgio Martire. Altre chiese antiche sono: la Cappella dello Spirito Santo, eretta nel 1683, la Chiesa di San Rocco (1601), la Chiesa dell’ Ospedale (1500), della Madonna della Catena (1897), della SS. Annunziata, dell’Addolorata, di San Nicola (tipica per la copertura a trullo in pieno centro storico).
Nelle zone rurali esistono altre vecchie chiese, la più antica quella di S.. Marco, che risale al 1100.

GIOIA DEL COLLE

Nel borgo antico Gioia del Colle presenta due tappe fondamentali: il Castello normanno svevo e la Chiesa Matrice di S. Maria Maggiore.
Il Castello è il monumento più rilevante di Gioia del Colle ed uno dei castelli più belli di Puglia. L'edificio, sorto in epoca bizantina, con il normanno Riccardo Siniscalco d'Altavilla, nel XII secolo, ed ancor più con Federico II di Svevia, al suo ritorno dalla crociata (1228-1229), assunse le forme che ancor oggi è possibile ammirare, dopo i restauri Pantaleo (1907-1909) e De Vita (1969-1974).
All'esterno catturano l'attenzione del visitatore il poderoso paramento con conci a bugne, le due torri superstiti delle quattro originarie (il mastio normanno de' Rossi, alto m 28.40, e la torre Imperatrice, alta m 24.10 con i suoi splendidi oculi e monofore), gli ingressi sud ed ovest, caratterizzati dagli archi con bugnato a raggiera e dalle eleganti caditoie, le cortine punteggiate da una straordinaria varietà di raffinate aperture.
All'interno, a piano terra, varcato il maestoso androne ovest, si entra nella vasta ed armoniosa corte, su cui si affacciano la sala del forno monumentale con accesso alla prigione dell'Imperatrice, teatro di una fosca quanto suggestiva leggenda. Qui Federico II avrebbe rinchiuso Bianca Lancia accusandola di tradimento e qui la donna amata dall'Imperatore avrebbe partorito Manfredi, facendo sacrificio di sé. Più in là, l'accesso all'ingresso sud con la poderosa porta a piattabanda e gli ambienti delle cortine sud ed ovest.
La corte fu teatro nel 1497 delle accoglienze trionfali tributate ad Isabella del Balzo Orsini, regina di Napoli, dalle popolazioni schiavone insediatesi a Gioia nella seconda metà del Quattrocento.
Un elegante scalone (rimarchevoli le losanghe raffiguranti scene zoomorfe) consente l'accesso alle sale del piano superiore: la fascinosa sala del Trono, annunciato dall'arco trionfale e caratterizzato da spiccati elementi decorativi arabi e dal motivo dei falchetti affrontati. Qui nel dicembre del 1250 sostò la salma di Federico II, in viaggio da Foggia a Palermo; la sala del Caminetto rinascimentale, illuminata dalla splendida trifora; la sala rinascimentale, a cui si accede dalla primitiva porta del donjon, con l'armoniosa volta quattrocentesca; la sala del Gineceo, con la scala di accesso all'interno della torre Imperatrice. Qui destano curiosità la saletta da bagno, una rarità nelle dimore signorili e regali del tempo, ed i mensoloni di sostegno dei soppalchi lignei andati distrutti.
In queste sale Pier Paolo Pasolini girò alcune scene del film "Vangelo secondo Matteo".
Gli ambienti ad est ospitano il Museo Archeologico Nazionale, che raccoglie i reperti (dal VI al III secolo a. C.), rinvenuti nella zona archeologica di Monte Sannace: vasi geometrici, vasi a figure rosse e di Gnatia, statuette e tintinnabula (sonaglini), armi e oggetti bronzei, utensili domestici.
Pressoché coevo del castello, la Chiesa Matrice di S Maria Maggiore , secondo una tarda e dubbiosa tradizione, fu voluto in forme romaniche ed a tre navate dal conte normanno Riccardo Siniscalco d'Altavilla. Demolita nel 1764, la chiesa fu riedificata in forme tardo barocche dal salentino Pasquale Margoleo.
La sobria facciata (recentemente restaurata sotto la direzione dell'architetto Vito Angelillo), a due ordini e coronata dalla balconata e dal fastigio a cornucopie, completata nel 1893, presenta nella nicchia destra la Madonna in trono col Bambino, attribuita a Stefano da Putignano, e la coppia di leoni rampanti del portale.
Il campanile settecentesco, crollato nel 1942, fu ricostruito nel 1964. All'interno, fra le tele, Natività della Vergine di Vito Calò (sec. XVIII), allievo del Giacquinto, Madonna del Carmelo e Crocifissione (1797) di Paolo Lanari. Da segnalare, inoltre, il gruppo scultoreo della Madonna col Bambino che incorona S. Caterina, attribuito a Stefano da Putignano, e l'altorilievo policromo del Cristo deposto nel sepolcro dello scultore gioiese Giovanni Roccha.

OSTUNI

Il comune di Ostuni sorge sulle ultime propaggini della Murgia meridionale. La sua città vecchia, detta La Terra, è inconfondibile per l’accecante monocroma colorazione del suo abitato, rigorosamente di bianco.
Le case tinteggiate di calce e la peculiare topografia hanno fatto meritare epiteti fiabeschi, come Città Bianca, Regina degli Ulivi, Città Presepe, II nucleo antico - probabile supporto dell'acropoli messapica - è infatti arrampicato sui fianchi scoscesi di un colle e presenta una pianta ellissoidale, chiaramente espressa dalla cinta muraria rafforzata dai torrioni aragonesi.
Ne rimangono otto dei quindici originari, come pure buone parti dei baluardi che chiudevano la città medioevale. Ostuni è un affascinante groviglio di stradine anguste e tortuose, un susseguirsi di corti, piazzette e vicoli che un tempo facevano capo a cinque porte che si aprivano nella cinta muraria, munite di torri, piombatoi e bertesche.
L'unica vera strada che raggiunge il vertice del "cono" e che divide il centro storico in due parti è via Cattedrale, mentre tutte le altre che lo intersecano sono vicoli ciechi o scalinate strette e ripide. Qui si trovano abitazioni cubicolari, spesso scavate nella roccia, unite da archi e semiarchi che fungono da contrafforti e da sostegno; come pure palazzi che, per gli stemmi gentilizi, i portali e la varietà delle linee architettoniche, con macchie d'ocra dorato ombreggiano l'accecante bagliore del bianco labirinto, Sulla sommità del colle, infine, si erge la Cattedrale, mirabile sintesi di elementi romanici, gotici e veneziani, che domina la Piana degli ulivi secolari fino al mare.
Abitato fin dalla preistoria, il territorio di Ostuni è occupato intorno al 1000 a. C. da Japigi e Messapi. La città è distrutta da Annibale nella seconda guerra punica, ricostruita dai coloni greci e, nei secoli successivi, occupata da Ostrogoti e Longobardi, Saraceni e Mori, Svevi e Normanni, Nel 1507 viene annessa al ducato di Bari di Isabella d'Aragona, Durante quasi due secoli di dominio spagnolo gli ostunesi tentano più volte di opporsi, finché nel 1799 proclamano la città libera e repubblicana.
II congresso di Vienna segna il ritorno dei Borboni, ma anche la fioritura di sezioni della Carboneria e poi della Giovane Italia. Il 26 agosto 1860, a pochi giorni dalla partenza di Garibaldi da Messina, Ostuni - prima città della Puglia - abbatte gli stemmi borbonici e fa sventolare il tricolore.
Il borgo antico è l'inconfondibile gioiello che dona ad Ostuni la sua pittoresca identità urbanistica. E' definito dagli ostunesi la Terra. Dipinto solo di bianco, sorge sul colle più alto del territorio urbano. Qui è tutto un moltiplicarsi di piani, di saliscendi, di vicoli e scalette, di aggrovigliate stradine che incrociano archi e piazzette. Sulla sua sommità si stagliano la monumentale Cattedrale e il Palazzo Vescovile.

MARTINA FRANCA

Martina Franca è una delle più caratteristiche cittadine pugliesi, posta all' orlo estremo delle Murge dei trulli, nel punto d'incrocio tra Taranto, Bari e Brindisi. Storicamente risale al X sec., ma nasce come città agli inizi del XIV sec. ad opera del Principe di Taranto Filippo I d'Angiò che cinse con muri e torri quattro casali di Montedoro, S. Martino, S. Teresa e S. Pietro dei Greci.
Nel corso degli anni successivi, Martina Franca fu feudo di varie famiglie (Tocco, Orsini del Balzo, Coppola, Acquaviva d' Aragona), finchè dal 1507 al 1827 venne infeudata col titolo di ducato alla famiglia Caracciolo del Leone.
La vecchia Martina è uno dei pochi centri storici giunto sino a noi attraverso i secoli pressocchè intatto. Martina è il trionfo del barocco, che campeggia ovunque, caratterizzando l' architettura sacra e quella civile, con caratteristiche del tutto particolari e diverse dal prototipo leccese. Oltre che per il suo stile architettonico, Martina è anche un paese dalle forti tradizioni folkloristiche e gastronomiche. Caratteristiche sono le fiere e le sagre religiose, numerose soprattutto nel periodo estivo, tra cui molto particolare è la festa dei SS. patroni Martino e Comasia che si svolge due volte l'anno: l'11 novembre e il 4 luglio.
Dal punto di vista culturale, la manifestazione più importante è il Festival della Valle d'Itria. L'aspetto senza dubbio più caratteristico è costituito dalla gastronomia, che per quanto tesa ad una certa modernizzazione rimane pur sempre ancorata alla genuinità dei prodotti ed alla semplicità della preparazione. Le risorse più importanti sono date dal turismo; dall'allevamento del bestiame; dalla viticoltura con la produzione del tipico vino D.O.C. bianco Martina; dalla forte espansione delle attività terziarie, l'artigianato e l'industria confezioni.
L'arco di S. Stefano è la porta che ci introduce nella Martina di stile barocco, il centro storico. L'arco è stato costruito nel 1764 in onore del patrono della città, San Martino, di cui possiamo ammirare la statua equestre sulla sommità. Le due fiaccole che si trovano ai lati del timpano simboleggiano la fede del popolo martinese e donano più elasticità al monumento che offre un delizioso gioco di luci ed ombre. Attraversando l'arco, alle vostre spalle, potete ammirare delle statue in pietra del XVIII secolo che affacciano su Piazza Roma.
A Martina il barocco trionfa ed è presente dappertutto, ma mostra tutta la sua bellezza nella Colleggiata di San Martino, dedicata al patrono della città. Iniziata nel 1743 e completata nel 1763. La caratteristica più importante è l'altezza della sua facciata, 42 metri che domina su piazza Plebiscito. Le decorazioni sono molto armoniose; la più importante è quella che raffigura San Martino a cavallo che dona il suo mantello al povero.
L'interno è ad una sola navata ed è a croce latina. Da ammirare è l'Altare Maggiore del XVII secolo, in marmo policromo, con una statua del '500 che rappresenta S. Martino in abito episcopale. Le due statue ai lati dell'Altare simboleggiano la Carità e la Liberalità. I dipinti della cappella di Santissimo Sacramento sono opera di Carella, raffiguranti gli evangelisti e risalgono al 1785; risale invece al 1804 la grande tela dell'Ultima Cena, di cui Carella ne è sempre l'autore. Nella cattedrale ci sono anche due capolavori di oreficeria napoletana del 700, le statue in argento di san Martino e Santa Comasia.
Il palazzo dell'università risale al 1761. Nel sud Italia, il termine università stava a significare il municipio, che doveva rappresentare localmente tutte le classi sociali. Il palazzo è affiancato da una elevata torre municipale costruita nel 1734.

BARI

A meno di un secolo la sua superficie si è più che decuplicata. La popolazione, è passata da 34.000 abitanti del 1861 ai 400.000 di oggi. Una diritta striscia di asfalto, l'ampio e luminoso Corso Vittorio Emanuele, divide la città in due parti distinte, quasi a segnare i confini di due epoche, Il ricordo degli ardimenti marinareschi del Medioevo è pressoché intatto nel dedalo di viuzze e di corti della città vecchia, gelosa custode di insigni monumenti.
Appare invece operosa d'indipendenza e dinamica la città moderna, con le sue ampie e lunghe strade a scacchiera su cui si affacciano gli edifici sorti nel corso della sua prodigiosa espansione urbanistica. Percorrendo un tratto del Lungomare Imperatore Augusto si giunge alla Basilica di San Nicola. È uno dei più pregevoli esempi di architettura romanico-pugliese. La sua costruzione, iniziata nel 1087 per volontà dell'Abate Elia per conservare le Ossa di S. Nicola, fu terminata nel 1197.
Sempre percorrendo il Lungomare Imperatore Augusto e poi un breve tratto del Corso Senatore De Tullio giungiamo al Castello Svevo costruito da Federico II su preesistente struttura normanna, di cui conserva la pianta interna e due massicce torri a bugnato. Fu corte fastosa di Isabella d'Aragona e di Bona Sforza, che fecero costruire nel '500 i grandi baluardi con torrioni angolari a lancia sul fossato.
Attraversando una viuzza medievale giungiamo alla Cattedrale, ottimo esempio di romanico-pugliese del Sec. XII. Altre Chiese di interesse storico ed artistico della città vecchia sono: il Chiostro di San Benedetto; San Marco; San Agostino; la Vallisa; la chiesa del Gesù. Da ricordare l'Arco delle Meraviglie e la casa di Nicolò Piccinni.
Passiamo di nuovo davanti al Castello e da Piazza Isabella d'Aragona, su cui si affaccia l'edificio dell'Intendenza di Finanza, intravediamo Corso Vittorio Veneto, in fondo a cui è la Fiera del Levante, che nel solco della tradizione mercantile di Bari, rappresenta oggi il metro del poderoso sviluppo economico ed industriale del Sud. In Corso Vittorio Emanuele vediamo il monumento dedicato a Nicolò Piccinni ed il Municipio. Da qui si imbocca Via Sparano con i suoi lussuosi ed eleganti negozi.
In fondo è il palazzo dell'Ateneo, con il Museo Archeologico, che comprende, fra l'altro, una imponente raccolta di reperti e di vasi greci e apuli. Il monumento a Re Umberto I, opera dello scultore Antonio Cifariello. Piazza Moro su cui si affacciano le stazioni ferroviarie della città; al centro la monumentale fontana dell'Acquedotto Pugliese.
Vediamo Piazza Mercantile con il Sedile, l'antica sede del Consiglio dei Nobili baresi e la colonna della giustizia, alla quale venivano legati i debitori fraudolenti. Ed ora ci inseriamo sul Lungomare Nazario Sauro, la magnifica passeggiata a mare. Subito a sinistra è il Molo S. Nicola dove, ogni anno, la mattina dell'otto maggio si svolge la cerimonia dell'imbarco della statua del Santo taumaturgo che riceve, sul mare di cui è protettore, l'omaggio dei fedeli e dei pellegrini.
Qui è anche la tipica cala di "'nderre a la lanze", popolare luogo di degustazione di frutti di mare. L'economia della provincia è ormai avviata ad un intenso sviluppo anche industriale, Tuttavia il quadro d'assieme è caratterizzato a nord di Bari dalla presenza di grossi centri abitati e, soprattutto nell'interno, da campagne poco abitate in cui sono disseminati, a segnare i confini delle colture e delle proprietà bianchi muretti di pietre a secco e "masserie" che sono suggestivi esempi di architettura spontanea. Queste masserie sono veri monumenti.
Hanno una struttura che, per il suo carattere un tempo anche difensivo, riecheggia la forma di veri e propri piccoli castelli. A sud del capoluogo, invece, la campagna, formata in prevalenza da piccoli appezzamenti, risulta intensamente coltivata per la presenza attiva del contadino, proprietario del terreno o semplicemente affittuario. I borghi antichi di piccoli paesi, sono ancor oggi, mirabili esempi di una remota architettura popolare.

PUTIGNANO

Il Carnevale di Putignano è il più lungo e il più antico d'Europa. Il più lungo perché comincia il 26 dicembre con il rito della Propagine e il più antico perché è ormai accertata la data del 26 dicembre 1394 come data in cui avvenne la traslazione delle spoglie mortali di S. Stefano Protomartire da Monopoli a Putignano. Emblema del Carnevale di Putignano è la maschera di Farinella.
Il nome deriva dalla farinella (detta in vernacolo a povele), un antico cibo povero del mondo contadino, uno sfarinato di ceci ed orzo abbrustolito particolarmente gustoso mescolato a sughi ed intingoli o consumato con fichi freschi. Il suo aspetto odierno, ricorda quello di un giullare o di un Jolly, con l'abito a toppe multicolori e con sonagli sulle punte del cappello, delle scarpe e alla collarina.
Originariamente, invece, la maschera indossava un abito bianco e verde, che erano i colori della città, portava un cappello a tre punte, che rappresentavano i tre colli su cui sorge Putignano ed era raffigurato nell'atto di mettere pace tra un cane ed un gatto, che simboleggiavano i dissidi esistenti tra gli abitanti del paese.

CASTEL DEL MONTE

Il singolare maniero medievale denominato Castel del Monte sorge in cima ad un colle della Murgia pugliese, a 540 metri sul mare, a 18 chilometri dalla città di Andria. La costruzione, eseguita nella prima metà del 1200, fu voluta da Federico II di Svevia, imperatore dei Romani e re di Sicilia-Puglia, per farne magnifico poggio di riposo e di caccia.
Nel castello murgese sono fusi in una mirabile unità diversi elementi architettonici: reminiscenze classiche, anticipazioni rinascimentali, dettagli romanici, gotici, arabi, cioè gli elementi stessi della vasta cultura del grande Svevo, educato in quella Palermo dove al suo tempo confluivano tre correnti di civiltà, la romana, l'araba, la normanna già permeata di gusti italici.
Castel del Monte (la cui denominazione deriva dall'antica chiesa benedettina chiamata Santa Maria del Monte che esiste in quella zona) ha una densa e varia storia, che s'inserisce nella storia del regno di Napoli. Il castello, con la città di Andria fece parte del demanio regio con gli Svevi (1240-1266), con gli Angioini (1266-1443), con gli Aragonesi (1443-1503), che si succedettero sul trono di Napoli.
Fu anche, con Andria infeudato ai Del Balzo (1348-1502), ai Cordova (1503-1552), ai Carafa (1552-1799). Da questi ultimi lo Stato italiano acquistò il castello murgese nel 1876, dichiarandolo monumento nazionale.

LECCE

Detta la Lupiae Romanae, la Licea o Licium dai Normanni, la Litium dagli Svevi, più tardi detta Leccio o Lezze ed infine Lecce. A partire dal II sec. Lecce fu arricchita di un teatro e di un anfiteatro e collegata al porto Adriano (oggi S. Cataldo) che dopo Brindisi divenne il porto più frequentato dell'Adriatico.
Invasa dagli Ostrogoti; occupata dai Greci; dominata dai Romani; invasa e devastata dai Saraceni, Lecce fu comunque una città in cui ebbero particolare fortuna le attività commerciali; fu centro di un rigoglio culturale che caratterizzò l’intero Salento con letterati, filosofi, scienziati e eruditi.
Venne però sconvolta sullo scorcio del XV secolo dalla lotta antisemita e nei sec. XV e XVI, fu più volte prostrata dalla peste negli anni (1469-1481; 1520-1616). Successivamente, nei sec. XVI-XVIII venne a più volte minacciata dalle incursioni turche e per difenderla da tali attacchi, Carlo V fece costruire il castello e cinse la città di mura, torri ed altre opere militari di cui oggi poco rimane.
La città continuò ad essere un importante centro culturale anche in età moderna. Sotto il dominio degli Spagnoli fu abbellita con chiese e costruzioni civili, espressione del cosiddetto 'barocco leccese'. Tra il 1647 ed 1648 la città fu al centro di un vasto movimento antispagnolo. I promotori dell’insurrezione scoppiata subito dopo la notizia della rivolta di Napoli, furono Giordano Paladini e Giovanni Spinola.
La ribellione non fu solo antispagnola, ma anche antifeudale. Per la prima volta infatti, prendono corpo le ambizioni di potere da parte della borghesia. Ma nel sec. XVIII, sotto l’influenza della cultura illuministica, si approfondiva la coscienza politica dei Leccesi. Nacquero scuole di matematica e di diritto e si dette importanza agli studi economici e politici.
Gravi furono i contrasti sociali della seconda metà del XVIII secolo. Malgrado le riforme, le classi popolari non mutarono la loro condizione, mentre il potere politico ed economico rimaneva in mano alla nobiltà terriera. Nel 1734, dopo la parentesi austriaca si insediarono i Borboni. I Leccesi, temendo un ritorno agli odiati metodi di dominazione spagnola, insorsero contro i Borboni, capeggiati da due popolani: Pasquale Saraceno e Leonardo Antonio Pedio.
Essi furono mantenuti in carica dalla nuova dinastia, ma per intervento dell’aristocrazia locale, timorosa di mutamenti sociali, furono giustiziati nel febbraio del 1735. Tra il 1821 ed il 1848, la città cospirò per l’unificazione d’Italia ed ebbe i suoi martiri, dimostrando il suo patriottismo; i liberali leccesi costituirono un governo provvisorio e formarono la guardia nazionale. Il partito liberale appena costituito, il 12 giugno 1848, sottoscrisse il memorandum delle provincie di Basilicata, di Terra di Bari, di Capitanata e del Molise.
I Borboni riuscirono a sopprimerli. Nel 1860, fermenti libertari, che continuarono a svilupparsi nella città, produssero un comitato cittadino, che prima ancora dell’annessione della città al nuovo Regno d’Italia proclamò la caduta dei Borboni dal trono. Il 1927 segna il distacco della provincia di Lecce da quelle di Taranto e Brindisi.

ALBEROBELLO

I TRULLI

PERLE DI PUGLIA

tra terra e mare
scavi egnazia puglia
ARCHEOLOGIA

Egnazia e Altamura

trulli
CULTURA

Conversano, Alberobello, Locorotondo, Gioia del Colle, Ostuni, Martina Franca, Bari, Putignano, Castel del Monte, Lecce.

grotte di castellana
NATURA

Grotte di Castellana, Monopoli, Polignano a mare, Matera.